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DAI GEONEUTRINI CATTURATI DA BOREXINO LA CONFERMA CHE VIVIAMO SU UNA STUFA
Buona parte del calore sprigionato dalle viscere della Terra deriva dal decadimento radioattivo dell’Uranio-238 e del Torio-232 presenti nel mantello, uno strato spesso 2000 km al di sotto della crosta. La conferma arriva dagli ultimi dati, pubblicati su Physical Review D, dell’esperimento Borexino ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, un progetto internazionale a leadership italiana nato da un’idea di Gianpaolo Bellini, dell’INFN di Milano, che coinvolge un centinaio di scienziati di sei Paesi differenti. Lo studio è stato selezionato come Editors' Suggestion, tra i lavori, cioè, considerati dalla rivista “particolarmente importanti, interessanti e ben scritti”.
A fornire ai fisici di Borexino preziose informazioni su ciò che si cela sotto i nostri piedi - restringendo l’intervallo del possibile contributo degli elementi radioattivi, uranio e torio in particolare, alla produzione di calore all’interno del nostro Pianeta - sono i cosiddetti geoneutrini. Si tratta di particelle emesse dal decadimento spontaneo di nuclei radioattivi, osservate per la prima volta nel 2010 dallo stesso Borexino e dall’esperimento giapponese Kamland. I geoneutrini prodotti nelle viscere della Terra attraversano indisturbati chilometri di roccia, viscosa e solida, giungendo con il loro ricco bagaglio d’informazioni fino ai sofisticati occhi di Borexino: 300 fotomoltiplicatori che rivestono una delle sue due sfere. Il rivelatore assomiglia, infatti, a una matrioska, immersa in 2400 tonnellate di acqua ultrapura. È formato da una sfera più esterna, di acciaio, che contiene 1000 tonnellate di un idrocarburo, lo pseudocumene, al cui interno è presente una seconda sfera, di nylon, con 300 tonnellate di liquido scintillatore.
“Il risultato più importante del nostro studio - spiega Gioacchino Ranucci, spokesperson dell’esperimento - è che la rivelazione del segnale dei geoneutrini ha superato la soglia convenzionale dei 5 sigma, oltre la quale un segnale può essere considerato osservato con certezza, al di là di ogni ragionevole dubbio. In particolare - aggiunge il fisico italiano -, rispetto alle precedenti misure abbiamo raccolto dati per un tempo più lungo: 2056 giorni contro i 1353 del 2013. I dati sono, quindi, statisticamente più significativi, e ci hanno permesso di raggiungere i 5.9 sigma. È la prima volta con Borexino che si supera la soglia dei 5 sigma nella misura dei neutrini di origine terrestre”. “A questo si aggiunge - sottolinea Cristiano Galbiati, altro spokesperson di Borexino - che abbiamo un’indicazione, sia pure ancora preliminare, della provenienza di parte di questo segnale dalla zona del mantello terrestre, e non solo dalla crosta”.
L’energia termica presente all’interno della Terra ha un impatto fondamentale sulla vita. Gli scienziati non conoscono ancora con precisione la composizione chimica del mantello, ma sanno che è il luogo fisico dove avvengono i movimenti di materia - che nel mantello è viscosa - causati dal fatto che il calore è distribuito in modo disomogeneo. Questi movimenti, definiti moti convettivi, sono, ad esempio, responsabili dell’attività dei vulcani, degli spostamenti delle placche tettoniche e, di conseguenza, dei terremoti. Fenomeni che, nell’ambito della storia naturale del Pianeta, hanno più volte rimescolato le carte, permettendo alla vita di germogliare sulla Terra, fino a raggiungere l’enorme biodiversità attuale.
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DAL MESCOLAMENTO DEI QUARK UN LIMITE ALLA NUOVA FISICA
Il 27 luglio, a pochi giorni dalla pubblicazione delle misure sui pentaquark, l’esperimento LHCb, al Large Hadron Collider LHC del CERN, ha pubblicato su Nature Physics e ha presentato alla conferenza internazionale della European Physical Society (EPS) in corso a Vienna, i risultati di una nuova misura di elevata precisione effettuata sui decadimenti di barioni che contengono il quark b. Lo studio contribuisce a chiarire il quadro sperimentale per la possibilità di esistenza di nuova fisica nelle interazioni elettrodeboli.
Questo risultato è stato ottenuto studiando il decadimento della particella barionica chiamata Lambda b (Λb) che decade in un protone, un muone e un antineutrino muonico. A livello di quark, in questo processo un quark b della Λb si trasforma in un quark u dando origine a un protone, emettendo nel contempo un bosone W che decade in un muone e nel suo antineutrino. Questo tipo di misura viene detta “esclusiva”, perché considera solamente un preciso tipo di decadimento.
Il parametro misurato in questo articolo, chiamato Vub, descrive la probabilità di un quark b di trasformarsi in un quark u. Questo parametro fa parte della matrice di Cabibbo-Kobayashi-Maskawa (CKM), che descrive tutti i possibili mescolamenti tra i quark. Poiché il Modello Standard non è in grado di predire il valore assoluto dei parametri della matrice CKM ma, più semplicemente, relazioni di consistenza alle quali questi devono soddisfare, accurate misure sperimentali di vari processi, che coinvolgono le differenti tipologie di quark, sono di estrema importanza per comprendere se il meccanismo CKM sia l’effettiva chiave di interpretazione di tutti i fenomeni di mescolamento tra i quark nel mondo sub-microscopico. Qualora si riscontrasse un’inconsistenza tra i vari elementi della matrice, ciò rappresenterebbe un’indicazione dell’esistenza di nuova fisica oltre la teoria che oggi conosciamo.
Il risultato pubblicato da LHCb non è in accordo con le misure “inclusive” di questo parametro pubblicate in letteratura. In queste misure inclusive Vub viene ricavato studiando tutti i possibili decadimenti di mesoni B nei quali un quark b diventa un quark u, ma senza considerare uno stato finale in particolare. Il valore di Vub da misure inclusive non è compatibile, entro le incertezze sperimentali, con quanto previsto dal Modello Standard, e questo può essere interpretato con la necessità di correggere il Modello Standard introducendo nuova fisica.
Questa misura di Vub fatta da LHCb, in perfetto accordo con le misure esclusive precedentemente realizzate dallo stesso LHCb e dagli esperimenti BaBar e Belle, è invece perfettamente consistente con il Modello Standard così come lo conosciamo, contribuendo così a dissipare i dubbi sulla possibile esistenza di nuovi aspetti delle interazioni elettrodeboli.
La discordanza tra misure inclusive ed esclusive di Vub resta però al momento un problema aperto che continuerà a essere indagato nei prossimi anni, sia a livello sperimentale sia teorico.
Il risultato è il primo di questo tipo a essere stato ottenuto da un esperimento che utilizza collisioni tra adroni, come LHC, come anche il primo che si ottiene studiando il decadimento di un barione contenente un quark b. La precisione richiesta per questo tipo di misura è stata ottenuta grazie alle ottime prestazioni di LHCb e di LHC.
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CONSEGNATI A PARISI E ALTARELLI I PREMI DELLA EUROPEAN PHYSICAL SOCIETY
Sono stati consegnati oggi a Vienna, durante l’annuale conferenza della European Physical Society (EPS) i premi dell’High Energy and Particle Physics board (HEPP) della EPS. Tra i cinque fisici teorici premiati, gli italiani Giorgio Parisi, professore di fisica teorica alla Sapienza Università di Roma e associato INFN, e Guido Altarelli, professore emerito di fisica teorica all’Università di Roma Tre ed ex direttore della sezione INFN di Roma (vd. il suo articolo dal titolo Oggi è già domani sull’ultimo numero di Asimmetrie, incentrato sulla nuova fisica). A condividere con loro il riconoscimento - uno dei più prestigiosi in fisica, come dimostra il fatto che molti dei vincitori del premio EPS hanno poi ricevuto il Nobel per la fisica - anche James D. Bjorken, della Stanford University, Yuri L. Dokshitzer, delle Università di Parigi e San Pietroburgo e Lev Lipatov, anch’egli in forze a San Pietroburgo.
I premi EPS sono stati assegnati ai cinque studiosi per le loro pionieristiche ricerche sulla struttura dei protoni e, in particolare, “per avere sviluppato uno schema di teoria di campo probabilistica per la dinamica di quark e gluoni, che ha reso possibile una comprensione quantitativa delle collisioni di alta energia tra adroni”.
Nel corso del meeting di Vienna - che riunisce in questi giorni nella capitale austriaca 700 fisici per discutere delle ultime scoperte di LHC e della prospettiva di trovare nuova fisica dopo la ripartenza del superacceleratore ginevrino, con collisioni a 13 TeV (13 mila miliardi di elettronvolt) - sono stati consegnati anche due premi a giovani fisici, gli Young Experimental Physicists Prize, e un premio per la divulgazione scientifica. A ricevere il riconoscimento, insieme a Jan Fiete Grosse-Oetringhaus, anche l’italiano Giovanni Petrucciani, che ha a lungo lavorato presso la sezione INFN di Pisa, premiato “per i suoi contributi eccezionali alla ottimizzazione del tracciatore nel rivelatore CMS a LHC, alla scoperta del bosone di Higgs e alla misura delle sue proprietà”. Per la divulgazione scientifica il premio è stato assegnato a Kate Shaw dell’esperimento ATLAS “per l’impegno nelle masterclasses, e per avere contribuito a diffonderle anche in Paesi che non hanno una forte tradizione nella fisica”.
MAURO MEZZETTO RICONFERMATO ALLA GUIDA DELLA SEZIONE DI PADOVA
Il Consiglio Direttivo dell’INFN nel corso della riunione del 23 luglio ha votato confermando per il secondo mandato Mauro Mezzetto alla guida della sezione INFN di Padova.
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Mezzetto, laureato in Fisica a Padova nel 1977 e dottorato nel 1982, ha partecipato all’esperimento NN2, sulla ricerca di oscillazioni neutrone-antineutrone all’Istituto Laue-Langevin di Grenoble. Ha inoltre collaborato a una serie di esperimenti sulle oscillazioni di neutrini al CERN a Ginevra e a J-Parc in Giappone. È membro del comitato EPS-HEPP, dello Scientific Advisory Committee di APPEC e di IFAE e del Neutrino Panel dell’ICFA. È chairman del workshop “Neutrino Telescopes” che si tiene a Venezia ogni due anni. |
NUOVO TRAGUARDO PER KM3NET
Si sono concluse con successo le operazioni di posa di tre componenti tecnologici fondamentali del telescopio sottomarino per neutrini KM3NeT: il nuovo telaio di terminazione (CTF, cable termination frame) e due Junction Boxes (JB). Questi serviranno a connettere le prime 20 unità di rivelazione sottomarine (di 100 previste a regime) dell’esperimento KM3NeT (chilometro cubo), in costruzione negli abissi al largo della Sicilia, a 3500 m di profondità.
L’operazione marina, della durata di 7 giorni, si è conclusa il 21 luglio, a largo di Capo Passero e ha coinvolto le navi “Ambrosius Tide” e “Antonio Meucci”, coordinate, a bordo e da terra, da un team di ricercatori INFN. Il monitoraggio ed i test necessari per la messa in opera del sistema, e per la verifica del perfetto funzionamento del cavo lungo 100 km, sono stati eseguiti al Laboratorio di Capo Passero dei Laboratori Nazionali del Sud che ospita il centro di controllo del telescopio.
“Si tratta di un importante successo raggiunto grazie al lavoro di squadra condotto dal personale INFN. Tutto il sistema è adesso pronto ad ospitare le unità di rivelazione del telescopio”. Commenta Giacomo Cuttone direttore dei LNS.
Km3NeT è una collaborazione internazionale in cui l’Italia svolge un ruolo determinante con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare; aderiscono Cipro, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Olanda, Regno Unito, Romania, Spagna. Partecipano nove gruppi dell’INFN (Bari, Bologna, Catania, Genova, LNF, LNS, Napoli, Pisa, Roma), in collaborazione e in sinergia con Istituti di ricerca geofisica, oceanografica di biologia marina (INGV, CNR, CIBRA, NURC)
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