INFN-INGV: Tokyo, accordo di ricerca per studiare i vulcani
Comunicato stampa
Si è svolto oggi nella sede dell’Ambasciata italiana a Tokyo, il workshop Muographer2014, organizzato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dall’Istituto di Ricerca sui Terremoti (Earthquake Research Institute, ERI) dell’Università di Tokyo, che hanno anche sottoscritto con l’occasione le lettere di intenti che formalizzano la collaborazione tra le tre istituzioni.
Continue readingA caccia di esopianeti con MWA

Sonda Rosetta: oggi Philae arriva sulla cometa
Dopo un viaggio lungo dieci anni, oggi è il grande giorno: la separazione è appena avvenuta, Philae ha lasciato Rosetta e vola verso la cometa 67P/Churyumov Gerasimenko. Per la prima volta in assoluto nella storia, uno strumento costruito dall’uomo toccherà la superficie di una cometa. Tra le 16.30 e le 17.00 Philae raggiungerà la superficie del corpo celeste, nel luogo di “accometaggio” battezzato ‘Agilkia’ qualche giorno fa, in seguito a un social contest.
“Stiamo vivendo una fase storica importante per l’esplorazione spaziale, e l’Italia è - ha dichiarato il prof. Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana – in prima linea con una presenza essenziale sia a bordo della sonda Rosetta sia del lander Philae. Un atterraggio morbido con un oggetto realizzato dall’uomo sulla superficie di una cometa è una sfida, mai tentata prima, da cui ci aspettiamo sorprese sulla storia dell’evoluzione del nostro sistema solare. Restiamo quindi in trepida attesa seguendo Philae verso la sua destinazione finale, sapendo che si tratta di una impresa complessa e difficoltosa. Quindi in bocca al lupo a tutti e buona fortuna Philae”.
Così come la stele di Rosetta ci ha dato la chiave di interpretazione dei geroglifici egizi, la sonda da cui prende il nome dovrebbe farci comprendere i segreti del sistema solare e dirci come i pianeti si sono formati. Nel segno dell’eredità egizie anche il nome del lander Philae, nome dell’isola in cui era eretto l’obelisco di File con iscrizione bilingue, e il sito di sbarco, Agilkia, l’isola sul Nilo dove furono trasferiti i reperti dei templi di File dopo la costruzione della diga di Assuan. Entrambi i nomi sono stati selezionati attraverso concorsi internazionali. Quello che portò al battesimo del lander fu vinta da una quindicenne lombarda, Serena Vismara, che oggi è un ingegnere aerospaziale.
Durante i suoi dieci anni di viaggio Rosetta ha percorso più di 6.000 milioni di chilometri. Nel suo percorso si contano diversi “incontri”: la sonda ha sfruttato l’effetto “fionda gravitazionale” (gravity assist) una volta attorno a Marte e tre volte attorno alla Terra; ha avuto incontri ravvicinati (fly-by) con gli asteroidi “Steins” nel 2008 e “Lutetia” nel 2010. Dopo circa tre anni di ibernazione, nella parte più lontana dal sole, si è svegliata automaticamente, comandata da un suo orologio interno, per proseguire il suo cammino verso la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, con cui ha avuto un rendez-vous lo scorso 6 agosto e sulla superficie della quale “atterrerà” il lander Philae, trasportato da Rosetta.
Rosetta è una missione dell’ESA con contributi dei suoi stati membri e della NASA. Il lander Philae è stato sviluppato da un consorzio internazionale a guida di DLR, MPS, CNES e ASI. La partecipazione italiana alla missione consiste in tre strumenti scientifici a bordo dell’orbiter: VIRTIS (Visual InfraRed and Thermal Imaging Spectrometer) sotto la responsabilità scientifica dell’IAPS (INAF Roma), GIADA (Grain Impact Analyser and Dust Accumulator) sotto la responsabilità scientifica dell’Università Parthenope di Napoli, e la WAC (Wide Angle Camera) di OSIRIS (Optical Spectroscopic and Infrared Remote Imaging System) sotto la responsabilità scientifica dell'Università di Padova. A bordo del lander, è italiano il sistema di acquisizione e distribuzione dei campioni SD2 (Sampler Drill & Distribution), sotto la responsabilità scientifica del Politecnico di Milano, ed il sottosistema dei pannelli solari.
Fondamentale la partecipazione dell’industria italiana attraverso le aziende del gruppo Finmeccanica – Selex ES, Thales Alenia Space e Telespazio.
[Dal dipartimento della Sapienza di Roma] La Fisica della Complessità @ISC-Sapienza
Philae è in volo verso la cometa

Perché mi è piaciuto Interstellar
Premessa: il mio film preferito è 2001: Odissea nello spazio. L’ho rivisto, negli anni, un numero imprecisato di volte, e ogni volta mi sorprendo a scoprire dettagli nuovi o interpretazioni a cui non avevo pensato le volte precedenti. Questo per dire che, nonostante il confronto tra il film di Kubrick e Interstellar sia inevitabile (e, in un certo senso, sia sollecitato dalle citazioni che lo stesso Nolan ha consapevolmente disseminato nel suo film) è meglio togliere subito di mezzo la questione: per quanto mi riguarda, si tratta di un confronto improponibile. Stiamo parlando di due campionati differenti. Insomma, non credo che rivedrò Interstellar una seconda volta, e non penso che ci troviamo di fronte a un capolavoro di cui continueremo a parlare tra cinquant’anni. Detto questo, però, a me Interstellar è piaciuto. Da qui in poi proverò a spiegare perché, ma se ancora non l’avete visto e non volete sapere altro non proseguite oltre.
C’entra la scienza, naturalmente. Non tanto quella dei wormhole e dei buchi neri, anche se sentire improvvisamente un sacco di gente che parla di gravità quantistica e relatività generale fa piacere. E in effetti: quanti altri film hanno mostrato con tanto realismo una distorsione nello spaziotempo, una lente gravitazionale o le conseguenze della dilatazione del tempo? E quanti hanno usato questi concetti integrandoli davvero nella narrazione, come fa Interstellar, invece di appiccicarli in modo più o meno posticcio a una sceneggiatura che ne avrebbe potuto fare tranquillamente a meno? Si sente senza dubbio la mano di Kip Thorne, uno dei massimi esperti di gravità, e non solo nelle equazioni scritte sulla lavagna del professor Brand. (Nel caso a qualcuno sia venuta voglia di approfondire, c’è il classico e bellissimo libro dello stesso Thorne, Black Holes and Time Warps, tradotto anche in italiano, e il nuovo The Science of Interstellar).
Ma non è tanto questo, appunto. In Interstellar la scienza è protagonista in una maniera più sottile e, mi sembra, radicalmente diversa da ciò a cui ci hanno abituato simili prodotti di intrattenimento. In apparenza, la premessa di Interstellar è comune a tanti altri film del filone catastrofico-distopico: la Terra sta morendo, le cose vanno malissimo e l’eroe deve provare a salvare l’umanità. Un cliché talmente abusato che, quando sono apparsi i primi trailer, ho temuto il peggio. Quando però si guarda il film, ci si accorge che il punto di vista scelto da Nolan è insolito. Non sappiamo mai davvero cosa abbia causato la catastrofe che affligge il pianeta. Molti, per un riflesso condizionato, hanno pensato immediatamente al riscaldamento globale, ma la verità è che la ragione del disastro che sta rendendo progressivamente incoltivabile il pianeta non è mai dichiarata apertamente. Posso sbagliarmi, ma a me sembra che i pochi indizi che Nolan dissemina nella narrazione invitino a una interpretazione esattamente opposta al consueto schema che vede nell’umanità cattiva e nella tecnologia disumana la causa di tutte le sfortune. In ogni caso, quali che siano le cause iniziali che hanno innescato la catastrofe, è evidente che il risultato è una umanità che si è ripiegata su se stessa, perdendo qualunque spinta a immaginare il futuro. “Mi ricordo quando inventavamo una cosa nuova ogni giorno”, dice a un certo punto il suocero di Cooper, il protagonista. Il quale, a sua volta, reagisce di fronte alla comparsa di un vecchio drone rimasto in giro dall’epoca pre-catastrofe con l’entusiasmo di un ambientalista messo di fronte all’esemplare di una specie ritenuta estinta. (Continua a leggere sul Post...)
[Video]: Giornate del Piano Triennale INFN 2015-2017
