UN DETECTIVE HI-TECH SI È MESSO SULLE TRACCE DELLA MATERIA OSCURA
COMUNICATO STAMPA 
Indagare il lato oscuro del nostro universo. È la missione di DarkSide-50, il nuovo detective hi-tech, inaugurato ufficialmente oggi ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), dove lo scorso aprile aveva iniziato a raccogliere i primi dati come da progetto. All’evento hanno preso parte Stefano Ragazzi, direttore dei LNGS, Fernando Ferroni, presidente dell’INFN, John Phillips, ambasciatore Usa in Italia, Cristian Galbiati della Princeton University, che coordina la collaborazione assieme a Gioacchino Ranucci dell’INFN, Ken Havens della Kinder Morgan, l’azienda che fornisce l’argon radiopuro necessario all’esperimento, Jim Whitmore della National Science Foundation (NSF) degli Stati Uniti, che, assieme all’INFN e al Department Of Energy (DOE), finanzia DarkSide.
“L'importanza di questo progetto, che oggi viene lanciato, è testimoniata da chi a questo evento partecipa, - commenta Fernando Ferroni, presidente dell’INFN - una grande collaborazione dell'INFN con le due grandi agenzie americane, i contorni di valenza industriale nel nostro paese e sopratutto la convinzione di costruire il miglior rivelatore possibile nel suo campo per la ricerca dell’elusiva materia oscura”.
“La partenza di DarkSide-50 corona uno sforzo pluriennale: ringraziamo INFN, NSF, e DOE per il loro supporto”, sottolinea Cristian Galbiati, uno dei due coordinatori dell’esperimento, ricercatore all’INFN di Milano e professore alla Princeton University. “I test effettuati prima della partenza - prosegue Galbiati - hanno già dimostrato che la tecnologia di DarkSide si presta in maniera unica a realizzare un programma di completa esplorazione della materia oscura a fondo nullo”.
“DarkSide rappresenta un grande salto di qualità nell’ambito della tematica di frontiera della ricerca della materia oscura” spiega Gioacchino Ranucci ricercatore della Sezione INFN di Milano alla guida del progetto assieme a Galbiati. “Con il suo nocciolo di Argon ultrapuro contornato da un sofisticato sistema di veti contro le possibili sorgenti di disturbo, l’apparato è in grado di condurre la sua indagine in una situazione ideale di pressoché totale assenza di fondo, condizione indispensabile per identificare con assoluta chiarezza le elusive e sfuggenti particelle di materia oscura”, conclude Ranucci.
“Potremo cercare la materia oscura in una scala di masse molto alte, anche ben al di sopra di 10 TeV, - riprende Galbiati - e quindi a energie inaccessibili persino agli esperimenti che operano al CERN. Così i Laboratori del Gran Sasso diventano la vera energy frontier per la ricerca di nuova fisica oltre il modello standard”. “Inoltre, ultimo aspetto ma non meno rilevante, la ricerca e lo sviluppo tecnologici che abbiamo condotto per realizzare il progetto, hanno ora anche un forte impatto sugli studi di tecniche diagnostiche mediche avanzate: lo testimoniano il progetto Aria, che nasce da un’iniziativa congiunta tra INFN e Regione Autonoma della Sardegna, e il progetto 3Dπ, nato al Gran Sasso e presentato per la prima volta quest’oggi”, conclude Galbiati.
L’esperimento
All’interno dei laboratori sotterranei di fisica astroparticellare più grandi al mondo, sotto il massiccio del Gran Sasso, protetto dai raggi cosmici che piovono incessantemente sulla Terra da uno scudo di 1400 metri di roccia, DarkSide cercherà di catturare le tracce lasciate direttamente dalle particelle di materia oscura, quando interagiscono con l’argon liquido estremamente radiopuro (cioè a bassissimo contenuto di radioattività), che costituisce il cuore dell’esperimento. DarkSide è, infatti, un rivelatore cilindrico riempito con 150 Kg di argon liquido purissimo e ricoperto di fotomoltiplicatori, occhi tecnologici ultrasensibili che raccolgono il segnale emesso nell’interazione delle particelle di materia oscura con l’argon. Per riuscire a rivelare questi eventi rarissimi, finora mai osservati, è necessario operare in un ambiente con bassissimo rumore di fondo, da qui l’esigenza di utilizzare come mezzo di interazione un materiale purissimo, come l’argon proveniente da giacimenti minerari del Colorado, negli Stati Uniti. Per assicurarsi un così alto livello di radiopurezza, infatti, l’argon viene estratto dal sottosuolo dove, grazie al terreno sovrastante, giaceva naturalmente protetto dal bombardamento dei raggi cosmici. Finanziato con gli essenziali contributi dell’INFN, della NSF e del DOE, DarkSide nasce dallo sforzo di una vasta collaborazione internazionale, di cui l’INFN e l’Università di Princeton sono leader, e alla quale partecipano gruppi provenienti da Francia, Polonia, Ucraina, Russia e Cina.
La materia oscura
Nonostante costituisca ben il 26% di ciò che esiste nel nostro universo, e sia in quantità cinque volte maggiore rispetto alla materia ordinaria, di cui è fatto tutto ciò che conosciamo, la sua natura ci è ancora sconosciuta. Non riusciamo a vederla, apparentemente non interagisce con i nostri strumenti, ma sappiamo che esiste perché tiene insieme le galassie con la sua attrazione gravitazionale. Riuscire a rivelare e studiare la materia oscura è una delle sfide fondamentali della fisica contemporanea, nell’impervia e affascinante strada verso la comprensione ultima di come è fatto l’universo che ci ospita.
A CATANIA OLTRE 300 FISICI DA TUTTO IL MONDO PER NUCLEUS
È una delle conferenze internazionali più importanti nel campo della fisica nucleare e delle sue applicazioni in ambito multidisciplinare quella che si svolge a Catania dal 22 al 24 giugno, organizzata dai Laboratori Nazionali del Sud (LNS) dell’INFN, dalla Sezione INFN e dall’Università di Catania. Si chiama Nucleus-Nucleus Collisions e ha chiamato a raccolta oltre 300 fisici provenienti da 40 Paesi in tutto il mondo, che per tre giorni saranno impegnati a presentare i risultati delle ricerche di frontiera in fisica nucleare e le loro applicazioni e ricadute tecnologiche nella società. La conferenza, che ha cadenza triennale ed è alla sua XII edizione, è organizzata in sessioni plenarie, parallele e poster in diverse sale dell’Università e dei LNS. “Ancora una volta l’incontro tra ricerca, università e formazione di eccellenza, concentrati all’interno di una stessa area, quale il campus universitario catanese – sottolinea Giacomo Cuttone, direttore dei Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN – dimostra che si può e si deve lavorare insieme, perché la competizione a livello europeo e internazionale si affronta congiuntamente”. “Catania ha la grande fortuna di avere, uno accanto all’altro, poli di ricerca e di didattica in grado di concorrere al rilancio della città anche dal punto di vista culturale e scientifico”, conclude Cuttone. Nel solco della tradizione di questo ciclo di conferenze, Nucleus affronterà molteplici temi e argomenti, ma questa volta con una particolare attenzione agli aspetti di fisica applicata.
Tutte le sessioni plenarie potranno essere seguite in streaming sul sito della conferenza: www.lns.infn.it/link/nn2015
Continue readingCONTINUO O DISCRETO: MICROSPIE IN ASCOLTO DEL RUMORE DELLO SPAZIOTEMPO PER SCOPRIRLO
COMUNICATO STAMPA. HUMOR (Heisenberg Uncertainty Measured with Opto-mechanical Resonators), il primo esperimento ad aver ideato e realizzato un modo completamente nuovo di sondare lo spaziotempo a dimensioni estremamente piccole, pubblica oggi sulla prestigiosa rivista internazionale Nature Communications i primi importanti risultati, che pongono un nuovo limite superiore all’esplorazione dello spaziotempo a livelli microscopici. La misura di altissima precisione è stata possibile grazie all’utilizzo di “microspie” sensibilissime, in grado di ascoltare il flebile rumore delle fluttuazioni dello spaziotempo.
“Usando esperimenti "da tavolo" a bassissime energie, - spiega Francesco Marin, ricercatore di HUMOR, professore all’Università di Firenze, associato a INFN, LENS e CNR-Istituto Nazionale di Ottica - siamo, infatti, riusciti a effettuare, per mezzo di laser e sensori elettromagnetici, misure di spostamenti e tempi con una precisione elevatissima, rilevando le microscopiche vibrazioni di oscillatori di diverse dimensioni e masse, da qualche nanogrammo fino a qualche milligrammo”.
Questi strumenti non hanno ancora osservato una granulosità dello spaziotempo, ma sono riusciti a porre nuovi limiti e ora molti scienziati sono al lavoro per migliorare la strumentazione e spingersi a scale sempre più piccole. “La strada per una chiara comprensione del tessuto spaziotemporale che ci circonda è ancora lunga, - sottolinea Marin - ma i risultati attuali possono già essere utilizzati per verificare le previsioni delle teorie che mirano a unificare gravità e fisica quantistica, costituendo un importante punto di riferimento e di partenza per l'analisi sperimentale di queste problematiche”. HUMOR apre quindi all’affascinate prospettiva di poter testare uno dei punti-chiave delle più avanzate teorie, come ad esempio la teoria delle stringhe: cioè se il tempo e lo spazio, che a noi appaiono continui, siano in realtà fatti di minimi intervalli di spazio e tempo. D’altro canto, rispondere alla questione se spazio e tempo siano continui o discreti è una delle più grandi sfide, con imprevedibili implicazioni. Inoltre, una qualche formulazione della teoria quantistica della gravità potrebbe forse essere candidata a spiegare l'origine dell'intero universo e quindi questi limiti pongono vincoli utili alla costruzione della teoria giusta.
HUMOR è frutto di una collaborazione tra Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), European Laboratory for Non-Linear Spectroscopy (LENS), le Università di Firenze, Trento e Camerino e la Fondazione Bruno Kessler (FBK).
Come funziona
L’esperimento HUMOR ha alla base micro-oscillatori meccanici molto raffinati, costruiti con micro-litografia su wafer di silicio (tecniche simili a quelle che vengono usate per costruire i processori dei computer), con spessori micrometrici o nanometrici (millesimi o milionesimi di millimetro). La forma degli oscillatori è studiata per isolarli al meglio dall’ambiente esterno. Vengono poi raffreddati fino a pochi gradi dallo zero assoluto, per limitare le vibrazioni indotte dal calore. In questo modo si raggiunge un’elevatissima purezza dell’oscillazione: una volta eccitati, riescono a vibrare oltre un milione di volte prima che l’ampiezza di oscillazione diminuisca significativamente. Il movimento viene misurato con fasci laser e sensori elettrostatici a basso rumore, con sensibilità allo spostamento comparabile alle dimensioni del nucleo atomico. Lo scopo è misurare quanto il periodo di oscillazione rimanga stabile durante il moto, anche ad ampiezze relativamente grandi. I ricercatori di HUMOR hanno, infatti, mostrato che diverse teorie, che mirano a unificare in una descrizione unitaria relatività generale e meccanica quantistica, hanno come conseguenza la previsione di una variazione del periodo quando l’oscillatore esplora nel suo moto regioni di spazio più grandi, come se la molla di richiamo si irrigidisse. L’esperimento arriva a misurare variazioni del periodo di qualche parte su un miliardo, prima di arrivare ad ampiezze tali che la struttura stessa della materia (del materiale, silicio cristallino e nitruro di silicio, con cui sono costruiti gli oscillatori) venga stressata al punto da rispondere in maniera anomala e mascherare quindi eventuali effetti riconducibili a modifiche della meccanica quantistica dovute alla gravità. I risultati migliorano comunque i precedenti limiti superiori a effetti di gravità quantistica (ovvero, al parametro che quantifica di quanto vada deformata la meccanica quantistica tradizionale) di molti ordini di grandezza. Ad esempio, i limiti ottenuti dalla spettroscopia di precisione dell’atomo di idrogeno erano oltre 20 ordini di grandezza meno stringenti. In effetti, HUMOR è il primo esperimento realizzato appositamente per studiare possibili effetti di gravità quantistica, ed è entrato in una regione in cui i risultati cominciano a essere significativi. La prossima sfida è raffreddare ulteriormente un oscillatore, fino a meno di un millesimo di grado dallo zero assoluto, sfruttando la luce del laser. A questa temperatura il comportamento dell’oscillatore è marcatamente quantistico (ovvero, mostra caratteristiche non spiegabili con la fisica classica, come l’impossibilità di essere completamente localizzato). Sarà possibile quindi evidenziare in maniera più diretta eventuali anomalie riconducibili a effetti di gravità quantistica. Allo stesso tempo, si potrà studiare il confine tra la fisica classica, normalmente usata per descrivere il comportamento di oggetti meccanici, e quella quantistica, che domina l'universo alla scala microscopica, su distanze atomiche (al di sotto di un miliardesimo di metro) e indagare se, come suppongono alcune teorie, la gravità giochi un ruolo fondamentale proprio in questa transizione.
Il contesto teorico
I continui progressi della fisica permettono di conoscere sempre più a fondo l'universo, e anche di disporre di nuove tecnologie, ma allo stesso tempo ci pongono di fronte a domande sempre nuove. La principale questione aperta della fisica è conciliare le due teorie fisiche di maggior successo, la relatività generale di Einstein e la meccanica quantistica, che funzionano perfettamente, ma entro ambiti completamente diversi. La relatività generale spiega la gravitazione e l'universo a grande scala, astronomica e cosmologica, e allo stesso tempo ci ha permesso di realizzare GPS precisissimi. La meccanica quantistica spiega l'universo alla scala microscopica, su distanze atomiche (al di sotto di un miliardesimo di metro) o ancora più piccole, e la sua comprensione è alla base di tutti i dispositivi elettronici che usiamo quotidianamente.
Però nessuno sa come fare quando si devono applicare le due teorie contemporaneamente, ad esempio quando si deve spiegare che cosa succede attorno a un buco nero. O meglio, esistono tantissime teorie che aspirano a realizzare tale unificazione e a divenire la "teoria del tutto", ma nessuna di esse è convincente. E soprattutto non è chiaro come possa essere verificata sperimentalmente. Un aspetto comune di queste teorie è che lo spaziotempo cambi natura, diventi "granuloso", su lunghezze estremamente piccole, detta scala di Planck (10-35 metri, ovvero miliardi di miliardi di volte più piccole di un nucleo atomico). Le strade più comuni per realizzare il "microscopio" in grado di vedere su queste scale ultra-piccole sono scontrare particelle a energie sempre più elevate, come si fa al CERN di Ginevra, oppure osservare con sonde e telescopi fenomeni astrofisici ad alta energia. HUMOR ha invece ideato e realizzato un modo completamente nuovo di sondare lo spaziotempo a dimensioni estremamente piccole: grazie all’utilizzo di “microspie” sensibilissime, in grado di ascoltare il flebile rumore delle fluttuazioni dello spaziotempo.
QUANDO I NOMI PRENDONO IL POSTO DELLE MISURE
Ci sono studi in cui la fisica si sposa con la sociologia. Studi in cui i nomi prendono, ad esempio, il posto dei numeri. È il caso di una ricerca appena pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) - la rivista dell’Accademia delle Scienze USA - condotta da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di fisica della Sapienza Università di Roma e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Si tratta di un’analisi dei nomi scelti per i bambini nati negli Stati Uniti dal 1910 al 2012, sulla base dei dati resi pubblici dall’ufficio statistico americano. “L’indagine ha consentito di stabilire come le correlazioni culturali fra gli Stati americani si siano modificate nel tempo, mostrando un drastico cambiamento nella parte finale del XX secolo”, spiega Enzo Marinari, fisico teorico della Sapienza e dell’INFN, tra gli autori della ricerca.
L’indagine è basata sull’uso di tecniche di analisi avanzate, matematiche e numeriche. Per un fisico è, infatti, normale analizzare dati sperimentali, per confermare o smentire una teoria, e fare predizioni future di un certo fenomeno. Quello che cambia in questo particolare studio è, però, la natura stessa dei dati sperimentali. “La nostra misura sono i nomi”, sottolinea Marinari. Nomi che raccontano storie. “Studiando la dinamica dei grandi nomi - riflette il fisico italiano - si può, infatti, osservare come mutano i rapporti tra le varie parti di un Paese, nel nostro caso gli Stati Uniti, e quali sono le influenze reciproche”. Dall’analisi dei dati emerge, ad esempio, che fino agli Anni settanta gli Stati del Nord, così come quelli del Sud, tendevano ad agire all’unisono, e fra i due gruppi non c’erano correlazioni degne di rilievo. Invece, nel periodo più recente ci sono stati notevoli cambiamenti, e sono emersi chiari legami fra i comportamenti della East Coast e della West Coast. “Stati anche geograficamente lontani, hanno iniziato a fare scelte simili - afferma Marinari -. Perché questo accada non possiamo, però, dirlo. Il nostro resta, infatti, uno studio da fisici, non da sociologi. Quello che noi facciamo - conclude Marinari - è analizzare ciò che succede, senza tuttavia interpretarlo. Un lavoro, quest’ultimo, che spetta ai sociologi”.
UNA SETTIMANA DI COLLISIONI PER LHCf
A LHC, il superacceleratore del CERN di Ginevra, si è da poco concluso un periodo di attività (run) speciale, dedicato all’esperimento LHCf. Nella settimana di presa dati, con collisioni protone-protone all’energia record di 13 TeV e bassissima luminosità, sono stati raccolti circa 40 milioni di eventi. L’esperimento LHCf, installato a 140 metri dal punto in cui i protoni interagiscono all’interno del rivelatore ATLAS, è dedicato allo studio delle particelle neutre che vengono prodotte a piccolissimo angolo nelle collisioni, studio che è importante per la calibrazione dei modelli di interazione tra particelle, gli adroni (come i protoni di LHC), utilizzati per la fisica dei raggi cosmici di altissima energia.
“Grazie anche alla collaborazione e all’impegno del team responsabile dell’acceleratore, la presa dati è andata benissimo, decisamente soddisfacente”, commenta Alessia Tricomi, responsabile per l’INFN di LHCf. L’analisi online degli eventi ha permesso di vedere i fotoni, i pioni neutri e i mesoni eta più energetici finora mai osservati in un acceleratore. In particolare, i pioni neutri sono stati ricostruiti nell’analisi online già con una precisione migliore del 5%, senza applicare alcuna correzione. “È un risultato davvero promettente - sottolinea Tricomi – e nei prossimi mesi gli scienziati della collaborazione LHCf si concentreranno sulla fase di analisi dei dati: in particolare, grazie alla presa dati comune con ATLAS, gli eventi raccolti durante questo speciale run permetteranno una ancor migliore comprensione dei meccanismi di interazione adronica, e questo ci aiuterà a comprendere un po’ di più i raggi cosmici che incessantemente “piovono” dallo spazio sul nostro pianeta”, conclude Tricomi.
ARIA: DALLE MINIERE DEL SULCIS UNA RISORSA PER LA CACCIA ALLA MATERIA OSCURA
COMUNICATO STAMPA CONGIUNTO INFN - REGIONE SARDEGNA. Siglato un accordo tra INFN e Regione Sardegna per la riconversione della miniera di Monte Sinni.
L'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e la Regione Autonoma della Sardegna hanno firmato un protocollo d’intesa per il prossimo sviluppo del progetto Aria, finalizzato alla realizzazione di un’innovativa infrastruttura di ricerca presso la miniera di Monte Sinni, nel bacino carbonifero del Sulcis, in Sardegna. L’accordo consentirà di aprire un tavolo di discussione tra INFN e Regione Autonoma della Sardegna per l’installazione nella miniera di un impianto tecnologico di altissimo livello, in corrispondenza dei pozzi di Seruci. L’altezza e il diametro dei pozzi, la loro configurazione, con accessi multipli e sistemi di sicurezza integrati e, soprattutto, la disponibilità di un’autostrada camionabile dalla superficie fino alla profondità di 500 metri, sono condizioni ideali per l’installazione in sicurezza di un impianto che avrà dimensioni uniche al mondo.
L’obiettivo del progetto Aria è la separazione dell’aria nei suoi componenti fondamentali, elementi che trovano utilità in diversi ambiti di ricerca e applicazione. Uno di questi componenti, l’argon-40, è un materiale pregiatissimo che permetterà lo sviluppo di una innovativa tecnica per la ricerca della materia oscura ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’INFN, progettata e realizzata dall’esperimento DarkSide, una collaborazione internazionale guidata dall’INFN, che vede la partecipazione di oltre trenta istituti provenienti da nove nazioni (Italia, Brasile, Cina, Francia, Polonia, Russia, Spagna, Svizzera, USA).
Inoltre, altri componenti dell’aria, come l’ossigeno-18 e il carbonio-13, sono elementi che, propriamente e completamente selezionati e isolati, sono anch’essi pregiatissimi in diversi ambiti di applicazione. Questi elementi hanno un mercato internazionale di grande rilievo, dal quale tuttavia il nostro Paese è attualmente escluso. Grazie alle infrastrutture uniche della miniera di Monte Sinni, il progetto Aria permetterebbe di sviluppare un ciclo produttivo in grado di abbassare notevolmente i costi energetici di produzione di questi materiali speciali, rendendoli più accessibili e fruibili. In questo modo, Aria contribuirebbe ad aumentare la disponibilità di tecnologie avanzate per lo screening medico, incluse le tecniche diagnostiche per la lotta al cancro. Utilizzando per la separazione dell’aria strutture pre-esistenti, l’innovativo processo tecnologico comporterà inoltre un impatto ambientale nullo.
Il primo passo di Aria prevede l’installazione di una torre-pilota di distillazione criogenica: un prototipo di dimensioni tali da rappresentare un unicum al mondo. Questo progetto, senza precedenti a livello internazionale, è reso possibile dalla cooperazione tra INFN, con ruolo di guida e coordinamento dei gruppi di ricerca coinvolti, e Princeton University, oltre che dal contributo cruciale di aziende italiane. La prima fase di progettazione è già partita, grazie a un finanziamento garantito dalla US National Science Foundation (US-NSF).
“Il progetto Aria è un esempio importante di come la ricerca di base può offrire l’opportunità di un potenziale sfruttamento industriale delle tecniche sviluppate per gli esperimenti alla frontiera della conoscenza”, è il commento di Fernando Ferroni, presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, “L’INFN è da sempre attento alla ricaduta nel contesto produttivo delle sue iniziative di ricerca. In questo caso specifico, l’Istituto presta grande attenzione a questo progetto e al suo modello di collaborazione: ci adopereremo con energia per il suo successo”.
“È un progetto sul quale lavoriamo da mesi d’intesa con l’INFN, convinti che ricerca e collaborazione con le eccellenze internazionali, tra cui anche la Princeton University, siano una delle opportunità per rinnovare il ruolo della Sardegna e delle sue attività economiche”, commenta Francesco Pigliaru, Presidente della Regione Autonoma della Sardegna. “Lavoreremo perché alla ricerca di base, in presenza di buoni risultati, segua la “scalabilità” industriale del progetto, in considerazione delle ottime prospettive di mercato e dello sviluppo tecnologico legato all’utilizzo di tali prodotti. La Sardegna, oltre che per le precise esigenze infrastrutturali legate alla realizzazione del progetto, si è proposta come partner affidabile grazie alla scelta precisa di puntare su ricerca e innovazione, all’alto livello di qualificazione dei lavoratori che potranno essere coinvolti e alla disponibilità di eccellenze provenienti dalle Università sarde. L’iniziativa – conclude il Presidente Pigliaru – è un ottimo esempio di come anche settori critici quali quello in cui opera la Carbosulcis possono trovare nuovi indirizzi e potenzialità grazie alle competenze maturate, alle tecnologie sviluppate e all’apporto di nuova ricerca”.
“Siamo chiaramente eccitati per l’impatto positivo sulle ricerche di materia oscura in corso ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso. Ma la sfida è altrettanto eccitante dal punto di vista del possibile piano di sviluppo industriale e di trasferimento tecnologico”, è il commento di Cristian Galbiati, della Sezione INFN di Milano, professore all’Università di Princeton e coordinatore del progetto DarkSide. “Se giochiamo bene le carte a nostra disposizione, potremmo stabilire un nuovo ciclo produttivo ad altissimo contenuto tecnico, con potenziali ricadute sull’occupazione locale. Abbiamo trovato in Carbosulcis un partner eccezionale”, aggiunge Galbiati, “Le competenze tecnologiche dei suoi ingegneri e tecnici sono di elevatissimo livello: sarebbe stato impossibile arrivare alla dimostrazione di fattibilità di questo progetto senza il loro contributo determinante.”
“Il progetto Aria è di notevole importanza strategica regionale e nazionale e di elevato interesse per le possibili ricadute a livello locale che le attività condotte potrebbero comportare”, commenta Speranza Falciano, membro della Giunta Esecutiva dell’INFN che segue i progetti di trasferimento tecnologico, “Lo spin-off di questa tecnologia potrebbe permettere un impatto importante a livello sociale, delle imprese sul territorio e dei centri di ricerca della Regione Sardegna, a partire dall’Università, - prosegue Falciano – e settori che ne tratterrebbero beneficio vanno dalla medicina diagnostica, con particolare riferimento allo screening avanzato di diverse patologie, all’energia pulita, dall’eco-sostenibilità, all’agricoltura, e allo studio del cambiamento del clima.”
NOTE
L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - INFN
L’INFN è l’Ente Pubblico di Ricerca dedicato allo studio dei costituenti fondamentali della materia e delle leggi che li governano. Svolge attività di ricerca, teorica e sperimentale, nei campi della fisica subnucleare, nucleare e astroparticellare. Ha, tra i suoi compiti istituzionali, il trasferimento tecnologico al fine della promozione dell’economia e dell’occupazione sul territorio nazionale.
La ricerca della materia oscura ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso
I rivelatori oggi in funzione ai laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN per la ricerca diretta della materia oscura hanno come obiettivo quello di rivelare gli urti delle particelle di materia oscura sui nuclei del materiale-bersaglio. Per aumentare la sensibilità del rivelatore è necessario che il materiale utilizzato sia particolarmente puro, privo cioè di radioattività, perché l’eventuale segnale di materia oscura non sia coperto dal rumore di fondo. In questo contesto, tra gli isotopi di interesse per le ricerche dell’INFN, ricopre particolare rilievo l’argon-40, utilizzato per lo studio della materia oscura in grandi rivelatori dove l’argon è raffreddato e liquefatto, così come avviene nell’esperimento DarkSide, installato da una collaborazione internazionale presso i Laboratori del Gran Sasso dell’INFN.
CONTATTI
Francesca Scianitti, INFN - Ufficio Comunicazione
francesca.scianitti@presid.infn.it
06 6868162 - 347 4600445
Giulia Clarkson, Regione Autonoma della Sardegna - Ufficio Stampa
giuclarkson@gmail.com
328 6283125
UNO SCUDO MAGNETICO SUPERCONDUTTIVO PER ASTRONAUTI
Oggi, 17 giugno, si svolge a Parigi il workshop “Superconducting Magnet Technology for Space” ospitato dal CEA (Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives) nell’ambito del progetto EU-FP7 Space Radiation Superconducting Shield (SR2S) coordinato dall’INFN.
Il progetto SR2S, iniziato nel 2013 e che si concluderà nel dicembre 2015, studia come sviluppare tecnologie per proteggere gli astronauti dalle radiazioni provenienti dal sole e dai raggi cosmici, nel corso di missioni di esplorazione planetaria nello spazio profondo. Il progetto studia le tecnologie necessarie per lo sviluppo di un sistema di schermatura attiva basata su magneti superconduttori, un vero e proprio "scudo magnetico" che sfrutta la superconduttività per eliminare il consumo di energia e ridurre al minimo il peso della struttura magnetica.
Sono state studiate varie configurazioni tra cui l’innovativa configurazione a “pumpkin” (zucca) che consente di ottenere uno schermatura efficace riducendo al massimo il materiale attraversato dalle particelle incidenti, evitando così la generazione di particelle secondarie.
SR2S è coordinato dal prof. Roberto Battiston dell’ASI e, oltre all’ INFN (Genova, Perugia, Bologna, Milano, Roma, Trento), vede la partecipazione di due importanti imprese del settore spaziale, Thales Alenia Space e OHB-CGS, insieme a CERN, CEA e Columbus Superconducting.
Il sito web del progetto http://www.sr2s.eu
Continue readingMATERIA OSCURA: POSSIBILI TRACCE NELLA RADIAZIONE ELETTROMAGNETICA EXTRAGALATTICA
A dispetto del suo nome, la materia oscura potrebbe non essere poi così oscura. Potrebbe, infatti, essere associata alla radiazione elettromagnetica: questa è l’ipotesi di un team di scienziati delle sezioni INFN di Torino, Roma Tre e Trieste, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e della Chinese Academy of Science. In particolare, lo studio, pubblicato oggi su Physical Review Letters (PRL), descrive una correlazione fra l’emissione gamma extragalattica catturata dal telescopio spaziale Fermi, cui INFN e INAF collaborano, e la distribuzione di materia oscura cosmica ricostruita dal catalogo di galassie 2MASS. Secondo gli autori dello studio, potrebbe trattarsi di un'impronta indiretta della presenza della sfuggente materia che permea un quarto dell’universo. Questa associazione nella radiazione gamma potrebbe quindi individuare la prima possibile traccia non gravitazionale della materia oscura: finora, infatti, tutte le nostre ipotesi si sono basate su osservazioni relative ai suoi effetti gravitazionali.
Lo studio appena pubblicato su PRL mostra, infatti, che il segnale è compatibile con l’ipotesi che la materia oscura possa essere costituita dalle cosiddette Weakly Interacting Massive Particle (WIMP), per le quali lo studio identifica un intervallo di valori di massa compreso fra 10 e 300 GeV. “Le WIMP, come suggerisce il loro stesso nome, possiedono un'interazione, anche se debole, - spiega Nicolao Fornengo, della sezione INFN di Torino, tra gli autori dello studio -. Quindi, dovrebbero andare incontro a un possibile processo mutua annichilazione o di decadimento”. “Quello che abbiamo fatto nel nostro studio - sottolinea il fisico italiano - è cercare, al di fuori del gruppo di galassie di cui fa parte la nostra Via Lattea, il cosiddetto Gruppo Locale, un segnale gamma associabile a questi processi. Per fare questo, abbiamo correlato la mappa della radiazione gamma misurata dal satellite Fermi con la distribuzione di galassie del catalogo 2MASS, che rappresenta un tracciatore della distribuzione di materia oscura nell'Universo. E in questo modo abbiamo trovato un segnale e mostrato che è compatibile con le WIMP. Si tratta di una prima analisi di questo tipo di correlazioni - precisa Fornengo -, che mostra come questa tecnica sia molto promettente”.
L’esistenza della materia oscura è stata più volte dedotta dalla misura indiretta dei suoi effetti gravitazionali sulla materia ordinaria. Finora, però, la sua natura è rimasta ben nascosta, riuscendo a sfuggire a qualsiasi tentativo di osservazione. Gli studiosi sanno che esiste, ma non com’è fatta. La sua natura fondamentale resta, infatti, uno dei principali interrogativi della fisica moderna. Al CERN di Ginevra, ad esempio, gli scienziati stanno provando a imbrigliarla con il nuovo corso del superacceleratore LHC (Large Hadron Collider), il cosiddetto RUN2. Grazie all’energia record di 13 TeV, infatti, i fisici sperano di produrre quelle particelle che si presume compongano la materia oscura. Allo stesso tempo, gli astrofisici scrutano il cosmo a caccia di tracce di materia oscura fossile che possa rendersi visibile, ad esempio, ai sofisticati occhi dei telescopi spaziali. Come il satellite Fermi, che la sta cercando tra le pieghe della radiazione gamma.
“Le strutture cosmologiche sono dominate dalla presenza di materia oscura, - spiega Nicolao Fornengo -. Le nostre conoscenze sul fatto che questa elusiva materia esiste sono tutte di natura gravitazionale. Se, però, emettesse anche radiazione, dovremmo avere una correlazione tra la radiazione gamma misurata da Fermi e la distribuzione della materia oscura nell’Universo. La correlazione che abbiamo individuato possiede le giuste caratteristiche che ci si attende se prodotta dalla materia oscura - chiarisce il fisico INFN -. Non possiamo, tuttavia, escludere al momento che sia dovuta a un’altra fonte, come ad esempio l'emissione gamma prodotta dai nuclei galattici attivi. Occorreranno nuovi studi per chiarirlo. Nei prossimi mesi, ad esempio, - aggiunge Fornengo - Fermi rilascerà nuovi dati. Sono, inoltre, in preparazione nuovi cataloghi di galassie Tutto questo permettera' di affinare la tecnica che stiamo utlizzando. In prospettiva, con l'arrivo dei dati che misurano il cosiddetto effetto di lente gravitazionale debole (weak lensing gravitazionale), si potanno ottenere mappe dettagliate della distribuzione di materia oscura nell'Universo. Fra qualche anno saranno infatti disponibili i dati del Dark Energy Survey, e successivamente del satellite Euclid dell'ESA. Questi nuovi potenti strumenti d'indagine - conclude Fornengo - ci permetteranno di migliorare di molto le misure di correlazione che stiamo sviluppando e potenzialmente di fornire una risposta chiara all'origine del segnale che abbiamo studiato oggi”.

