La distanza delle stelle

Seconda puntata

Tutti sappiamo che l’Universo è immenso, così tanto che anche viaggiando alla velocità della luce ci vorrebbero miliardi di anni a percorrerlo tutto: ma come facciamo a saperlo? Come fanno gli astronomi a misurare queste impressionanti distanze  standosene fermi sul nostro minuscolo pianeta?

 

 

  • Autore: Gianluca Li Causi
  • Altre voci: Chiara Piselli
  • Regia: Edoardo Massaro
  • Musica: Stars at the Grampa’s Finger di Pierre-Marie Coedes, facente parte dell’album Scattered Memories 2 / Stars dei River, dall’album Stars e Galaxy di JM Galié, dall’album Below Zero.
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13 Responses to La distanza delle stelle

  • Heurisko says:

    Ammesso che l’età di quell’universo di cui facciamo parte e che tentiamo d’investigare sia poco meno di 14 miliardi di anni, com’è possibile stimare che in questo tempo abbia un diametro di ben 93 miliardi di anni luce escludendo velocità superluminali?

    Grazie anticipatamente per la risposta
    Heurisko

    • Complimenti per l’acuta osservazione!
      La risposta è che l’Universo si espande più veloce della luce!
      Questo però non viola le leggi della relatività, poiché non si tratta del movimento di qualcosa “nello” spazio, ma dell’espansione “dello” spazio stesso. Le galassie lontane non stanno “allontanandosi” da noi nel senso che viaggiano nello spazio (come accade per i frammenti di un’esplosione per esempio), ma sono ferme in uno spazio che si sta espandendo. Prendi come esempio un palloncino che si gonfia, sul quale sono incollate delle monete. Le monete stanno sempre al loro posto, ma si forma nuovo spazio tra di esse mentre gonfi il palloncino. La relatività ha scoperto che esiste una velocità limite per qualsiasi movimento “nello” spazio, ma dalla relatività non viene fuori nessun limite di velocità per l’espansione “dello” spazio stesso.
      Perciò, se lo spazio si espande, la distanza tra due galassie può aumentare con la rapidità che vuoi, anche se le galassie non si muovono affato.
      Gianluca.

  • Heurisko says:

    Grazi mille della tempestiva, gentile e chiara risposta che però suscita in me una ulteriore domanda.

    Se lo spazio si espande e se in detto spazio siamo immersi anche noi col nostro infinitesimo pianeta, parrebbe giustificato dedurre che pure noi ci stiamo espandendo… Ma dove sono le evidenze sperimentali?

    Grazia ancora per la pazienza…
    Heurisko

    • No, noi sulla Terra non ci stiamo espandendo con l’Universo perché localmente domina la “buca” di potenziale gravitazionale della Terra. Nei dintorni della Terra poi siamo sempre nella buca di potenziale del Sole e poi in quella della Galassia. E’ per questo che ti dicevo di immaginare un palloncino con delle monete “attaccate” sopra (che rappresentano le galassie, o meglio gli ammassi di galassie) e non un palloncino con le galassie “disegnate” sopra. Se le disegni sopra anche i disegni si espandono col palloncino, invece le monete non si espandono e per questo rappresentano meglio la situazione.

  • Heurisko says:

    Che la gravità faccia da collante pare ragionevole e soprattutto conforme a tutte le osservazioni scientifiche.
    Variando però l’attrazione gravitazionale in funzione del quadrato della distanza da ogni centro di massa galattico, mi piacerebbe comprendere come tali galassie/monete possano permanere dimensionalmente invariate anziché contrarsi al centro e dilatarsi perifericamente in conseguenza dell’espansione dell’Universo.

    Grazie ancora dell’attenzione!
    Heurisko

    • L’espansione dell’universo sugli ammassi di galassie può avere qualche effetto soltanto a distanza di molte volte il raggio caratteristico dell’ammasso (detto “raggio del viriale”), dove l’effetto diventa paragonabile a quello del flusso di Hubble. All’interno di questa distanza l’espanzione dell’universo non ha rilevanza e gli ammassi quindi restano della loro dimensione (e non si contraggono perché dentro l’ammasso ogni galassia è in orbita, cioè in equilibrio tra attrazione gravitazionale e forza centrifuga).

      • Heurisko says:

        Dall’ultima risposta giungo ad intendere soltanto che esimendosi dalla matematica a cui si fa riferimento ci si deve rassegnare ad accettare le Vs. affermazioni senza alcuna possibilità di verifica. Soltanto una piccola osservazione posso forse azzardarmi a fare – non certo per mettere in dubbio quanto mi è stato così gentilmente spiegato – bensì per verificare se sono stato almeno in grado di comprendere il problema.
        Intendo dire che se l’espansione dell’universo è isotropa e onnipresente ne dovrebbe conseguire che riguarda tanto il fuori come il dentro gli ammassi… Ipotizzo pertanto che agli equilibri determinanti le orbite dovrebbe concorrere anch’essa, seppure con effetti poco rilevanti (calcolabili proprio grazie alla matematica).
        Dopotutto, anche un granello di sabbia attira a sé la terra su cui è posato e questa attrazione, sebbene sia del tutto trascurabile praticamente, teoricamente è tanto importante quanto l’attrazione che la terra esercita su di esso.

        • Ha colto perfettamente il senso di tutte le affermazioni della fisica: nessun sistema è isoltao dal resto dell’universo in modo ideale, perciò ogni effetto esterno è sempre presente e ha sempre un’influenza sull’interno del sistema, perciò anche l’espansione cosmica ce l’ha, e anche il suo granello di sabbia qui sulla Terra ha un’influenza gravitazionale sulle orbite della galassie di quell’ammasso. Quel che conta però sono gli ordini di grandezza: quando l’influenza degli effetti esterni sul sistema è di ordini di grandezza inferiore a quella delle forze interne al sistema si trascura del tutto, poiché i suoi effetti sono anch’essi del tutto trascurabili. Per lo meno, fino a quando non serve arrivare a quella precisione, come per esempio nei rivelatori di onde gravitazionali, dove guardiamo proprio l’effetto di un fenomeno avvenuto a un miliardo e mezzo di anni luce, che qui sulla Terra provoca uno spostamento di un milionesimo del diametro di un atomo su uno specchio appeso a un filo, a dimostrazione del fatto che gli effetti, per quanto piccoli, esistono sempre.

  • Asca says:

    Spero non sia troppi tardi ma faccio una domanda cui non trovo risposte in giro. Ma Tycho Brahe come face a misurare tutte le distanze dei pianeti che poi permisero a Keplero di formulare le sue tre leggi?
    Grazie

    • Grazie per la interessante domanda. Le osservazioni di Tycho Brahe permisero di migliorare notevolmente la precisione nella misura della posizione in cielo dei pianeti, ma non misurarono la loro distanza. Tuttavia questa grande precisione permise a Keplero di capire che le orbite sono ellissi e quindi di formulare le sue tre leggi, dalle quali era possibile conoscere i rapporti tra le distanze di tutti i pianeti, ma non ancora la distanza effettiva. Grazie ai transiti di Venere davanti al disco del Sole fu però possibile determinare la distanza Terra-Venere grazie al metodo della parallasse, osservando la differente geometria del transito visto da luoghi diversi sulla Terra, e da qui inferire la distanza Terra-Sole. Con questa distanza e le tre leggi di Keplero si potè dunque dare una scala a tutte le orbite e misurare ogni distanza nel Sistema Solare.

  • Giuseppe Zaccaria says:

    Mi domando come si possa eseguire materialmente una misura di distanze stellari con il metodo della parallasse. Con quale strumento si misura l’angolo di parallasse? Si può applicare a misure sulla scala terrestre?

    • gianluca.licausi says:

      La parallasse si esegue in pratica attraverso immagini prese da un telescopio ad alto ingrandimento. In pratica se hai un fondo di stelle “fisse”, cioè di cui sai già che sono lontanissime e quindi hanno parallasse trascurabile, e una stella più vicina, la posizione di quest’ultima si sposterà, rispetto alle altre stelle di fondo, a seconda della posizione occupata dalla Terra lungo l’orbita. Ovviamente devi prima trovare le stelle di riferimento, cioè quelle che non vedi muoversi l’una rispetto all’altra nel corso dell’anno. Vista la grande distanza delle stelle il metodo può applicarsi solo per stelle “vicine” a noi, cioè una minuscola parte delle stelle della nostra Galassia (anche se forse avrai sentito parlare del satellite Gaia che recentemente ha mappato gran parte delle stelle della Galassia, sempre con la parallasse anche se con un telescopio e dei metodi piuttosto complessi che però in pratica fanno la stessa cosa). Su scala terrestre, come dico nella puntata, la applicano i geometri per misurare le distanze degli edifici e i geologi per misurare le montagne.

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